Testaccio: l’anima popolare di Roma

Testaccio, un quartiere che incarna l’essenza stessa di Roma, si erge come un baluardo di tradizioni e cultura popolare. Situato nel cuore della città, questa vivace enclave offre uno sguardo autentico sulla vita quotidiana dei romani, lontano dai sentieri battuti dai turisti.



Un mosaico di storie e sapori

Passeggiando per le stradine acciottolate di Testaccio, ci si immerge in un caleidoscopio di profumi e suoni che raccontano la storia di questa comunità. Dalle botteghe artigiane che tramandano antichi mestieri alle trattorie che offrono piatti della cucina romana autentica, ogni angolo è un’ode alla genuinità.

“Testaccio è l’anima di Roma,” afferma Giulia, una residente di lunga data. “Qui si respira un’atmosfera unica, fatta di tradizioni radicate e di un senso di appartenenza che va oltre i confini del quartiere.”

Testaccio è un dinamico quartiere alla moda che si sviluppa intorno al Monte dei Cocci, una collina nata dall’accumulo di anfore romane scartate. Le grotte adibite anticamente a magazzini ospitano bar e locali notturni affollati, nonché trattorie sia tradizionali sia innovative. Molti menù propongono specialità a base di frattaglie, un richiamo evidente all’ex mattatoio della zona oggi sede del museo d’arte moderna MACRO. Nel vivace mercato rionale è possibile acquistare prodotti agricoli freschi e street food.


Testaccio: mini itinerario e cosa non perdere

Vi basterà un’intera giornata per visitare e vivere il quartiere in tutta la sua essenza. Partendo da piazza Testaccio, dirigetevi verso via Galvani. Prima tappa consigliata per entrare in contatto con le radici del luogo è il Monte Testaccio, soprannominato anche Monte dei Cocci e visitabile previa prenotazione. La passeggiata, molto interessante, percorre il monte generato, sin dall’epoca romana, dall’accumulo delle cosiddette “testae”, ovvero le anfore, simbolo di Testaccio, che una volta svuotate del contenuto presso il vicino Porto Fluviale (in zona Ostiense) venivano depositate proprio lì, non potendo più di essere riutilizzate. Da qui il nome, per l’appunto, di Testaccio e la simbologia ricorrente che troverete un po’ ovunque in zona. Altra tappa imperdibile è il Mattatoio, oggi un grande spazio culturale gestito dall’Azienda Speciale Palaexpo. Affascinante è camminare tra gli edifici che lo compongono, dove il moderno stile industriale si mescola con la storia e le origini operaie del quartiere, e osservare le travi rimesse a nuovo, che un tempo venivano utilizzate per trasportare gli animali. Qui spesso sono presenti mostre temporanee e installazioni moderne di artisti che conferiscono al luogo un’aria più fresca e giovane. Un posto ideale dove fare due passi.


Di mattina, esattamente di fronte al Mattatoio, fate poi un salto al Nuovo Mercato Testaccio. Camminate tra i banchi di frutta, pane, carne e pesce, colorati e ordinati, e date uno sguardo ai chioschi di cibo, uno più curato dell’altro. Visto che anche il palato vuole la sua parte, fermatevi magari ad assaggiare un panino con la trippa o con l’allesso. Oppure, se preferite, optate per una fresca centrifuga e un trancio di pizza. La bellezza di questo mercato, storico nel quartiere seppur nella sua nuova sede, sta proprio nel coniugare tradizione e novità. Mi raccomando, tra un banco e l’altro, date uno sguardo alle antiche mura, visibili sotto i vostri piedi in alcuni punti del mercato.

Ultima tappa del mini itinerario è il Cimitero Acattolico. Dopo il mercato, per trovarlo basta proseguire lungo via Zabaglia e svoltare poi sulla sinistra in via Caio Cestio. Immergetevi nella calma di questo luogo a due passi dalla Piramide Cestia e camminate tra le sue tombe monumentali. Troverete quelle di personaggi illustri ma anche di artisti e poeti come John Keats, Percy Bysshe Shelley, Gramsci e, infine, Andrea Camilleri. Qui, immersi nel verde e nel silenzio, è possibile effettuare la visita da soli o con guide.

Dopo queste tappe, il consiglio è di camminare tra le vie del quartiere per cogliere appieno la sua anima. Osservate i suoi palazzi di inizio Novecento e, se riuscite, sgattaioliate in qualcuno dei suoi cortili. Alcuni, molto curati e ben tenuti, sono un museo a cielo aperto, tra anfore e antichi edifici come la Casa dei Bambini



Testaccio e la sua cucina

Il vostro giro “pe’ Testaccio” non può concludersi senza un pranzo o una cena in uno dei suoi storici locali. Se di giorno la zona è il regno dei suoi abitanti originari, di sera cambia pelle, diventando uno dei punti nevralgici della movida romana. Potrete scegliere tra osterie e ristoranti che, in una veste più o meno rinnovata, tra cacio e pepe, carbonara, pajata e amatriciana, cercano di accaparrarsi il titolo di miglior trattoria romana. Se poi per caso voleste qualcosa di meno tradizionale, eccovi serviti: sushi, ristoranti orientali, bistrot, ristoranti gourmet di pesce o pizzerie, sino a concludere con un drink… Testaccio è semplicemente tutto questo.

Un Futuro Radioso per l’Anima di Roma

Mentre il mondo continua a evolversi, Testaccio rimane saldamente ancorato alle sue tradizioni, offrendo un rifugio di autenticità in un’epoca di costante cambiamento. Questo quartiere è una testimonianza vivente dell’importanza di preservare le proprie radici culturali, garantendo che l’anima di Roma continui a brillare per le generazioni a venire.

Il cappuccino, derivato del caffè, è la bevanda scelta dagli americani. Con la pizza o con la pasta? Giammai per noi Italiani

Immaginate di ordinare un’autentica pizza napoletana e di ricevere un cappuccino come accompagnamento. Sembra assurdo, vero? Eppure, per alcuni turisti stranieri, questa combinazione non è poi così insolita. Luca D’orzi, Maître del rinomato Ristorante Senses a Palazzo Montemartini, a Radisson Collection Rome, ci svela le bizzarre richieste di un pubblico internazionale che spesso sconvolge le tradizioni culinarie italiane.



Tradizioni radicate e palati esigenti

“Gli americani amano il cappuccino”, afferma D’orzi con un sorriso comprensivo. “Lo vogliono con la pizza, con la pasta, persino con la carne!”. Questa preferenza per la schiuma di latte e caffè espresso può sembrare innocua, ma per gli italiani rappresenta una vera e propria eresia culinaria.

Secondo D’orzi, non sono solo gli americani a commettere questi “peccati” gastronomici.

“Abbiamo ospiti provenienti da ogni angolo del mondo, ognuno con le proprie abitudini e preferenze. È una sfida costante per noi adattarci alle loro richieste, pur mantenendo intatte le nostre tradizioni culinarie.”

Luca D’orzi – Maître di Palazzo Montemartini, a Radisson Collection Rome


Un incontro di culture a tavola

Nonostante le apparenti stranezze, D’orzi accoglie queste differenze culturali con un’apertura d’animo ammirevole. “Ogni piatto, ogni abbinamento, racconta una storia unica,” spiega. “È un’opportunità per imparare e apprezzare le diverse prospettive culinarie.”

Che si tratti di un cappuccino con la pizza o di una richiesta ancora più bizzarra, il Ristorante Senses si impegna a soddisfare le esigenze dei suoi ospiti, mantenendo sempre un rispetto profondo per le tradizioni italiane.

Verso un futuro di apertura culinaria

Mentre le usanze culinarie continuano a evolversi e a fondersi, è evidente che l’apertura mentale e il rispetto reciproco saranno fondamentali per preservare l’autenticità delle tradizioni gastronomiche di ogni cultura. Forse, un giorno, il cappuccino con la pizza diventerà una nuova tendenza accettata, o forse rimarrà un’eccentricità per i palati più avventurosi. In ogni caso, l’incontro di culture a tavola promette di arricchire l’esperienza culinaria di tutti noi.

Garbatella: il quartiere popolare più bello del mondo

Colore, vivacità, storia, ma soprattutto tanta Romanità. Al quartiere Garbatella è stato affibbiato il titolo di “più bello del mondo” per via del suo aspetto unico e inimitabile. L’architettura dei palazzi è più che centenaria, un’edilizia di lotti operai in cui vive una comunità che rivendica la propria identità. Sempre.

Storia e cultura

La Garbatella nasce ufficialmente nel 1920 da un ambizioso progetto di Ernesto Nathan, dopo circa 20 anni di costruzione e sorge nella zona dei monti di San Paolo.

L’idea urbanistica iniziale era quella di realizzare un canale navigabile parallelo al Tevere che sarebbe servito al trasporto delle merci da Ostia fino al Porto Fluviale. La zona limitrofa a questo porto, conseguentemente, sarebbe stata destinata ad ospitare i futuri lavoratori portuali.

Negli anni ’20 le strutture le banchine dove far approdare i battelli trasportatori vengono completate e proprio nel 1920 viene inaugurato quel quartiere pensato per i dipendenti delle industrie e del porto, pensato dieci anni prima da Nathan.

Ad oggi la Garbatella sembra un piccolo borgo, una zona tranquilla e residenziale che ospita i Lotti, le piccole villette rosse e arancioni adornate da bellissimi giardini. Questa conformazione dava molta dignità alla classe operaia dell’epoca, che diede il via ad una storia di tutela e preservazione di quegli edifici che sono oggi il cuore del quartiere.

Con i suoi tanti localini della movida, ma con un occhio che guarda al passato, Garbatella rimane il posto in cui per strada, la domenica mattina, si può ancora sentire l’odore di bucato dei panni stesi e il profumo degli intingoli che si preparano per il pranzo della festa.

La posa della Prima Pietra

Piazza Benedetto Brin ospita un arco di mura all’interno del quale spicca, in un bianco candido, la Prima Pietra del quartiere.

Fu proprio il Re Vittorio Emanuele III, assieme all’Istituto Autonomo Case Popolari e l’Ente Autonomo per lo sviluppo Marittimo ed industriale di Roma, a posare la pietra che ancora oggi simboleggia la nascita di uno dei quartieri più antichi della città.

“PER LA MANO AUGUSTA DI SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III L’ENTE AUTONOMO PER LO SVILUPPO MARITTIMO E INDUSTRIALE E L’ISTITUTO DELLE CASE POPOLARI DI ROMA CON LA COLLABORAZIONE DELLE COOPERATIVE DI LAVORO AD OFFRIRE QUIETA E SANA STANZA AGLI ARTEFICI DEL RINASCIMENTO ECONOMICO DELLA CAPITALE. QUESTO APRICO QUARTIERE FONDANO OGGI XVIII FEBBRAIO MCMXX” così recita l’inscrizione sulla pietra.

La leggenda dell’Ostessa

L’origine del nome Garbatella sembra essere ancora oggi oggetto di discussione.

Ci sono infatti tre ipotesi che riguardano la nascita dell’appellativo. La prima è di origine puramente scientifica e racconta che il nome fu scelto per richiamare quelle che erano le coltivazioni effettuate nella zona, ossia quelle della vite “a garbata”.

La seconda, più umile e compiacente, prevede che il quartiere fu chiamato in quel modo per via della sua conformazione di “Città-Giardino” all’italiana: abitazioni ampie e luminose, intorno a ciascuna delle quali si estende un piccolo terreno. Questa scelta sembrava valere l’aggettivo “garbata” da cui deriva il nome attuale.

La terza ipotesi, quella più popolare e gettonata, così come narra la vulgata, lega l’origine del nome alla presenza di un’Ostessa di nome Carlotta (o Maria) garbata e bella, benvoluta dai viaggiatori e soprannominata “Garbata Ostella”, successivamente abbreviato in “Garbatella”. L’effige di questo mitico personaggio è rappresentata oggi in Piazza Geremia Bonomelli.

La Città-Giardino diventa il Rione XXIII

Lo stile architettonico che alberga il quartiere prende il nome di “Barocchetto romano”, ovvero la perfetta mescolanza di Barocco, Medioevo, Neoclassicismo e Rinascimento, che danno vita a una visione armoniosa, quasi a ribadire la vocazione della storica Città-Giardino. I vari gruppi di edifici raccontano un passato di importanza sociale oltre che architettonica, sono valsi alla Garbatella il titolo di Rione, che ne riconosce così l’origine storica e la valenza culturale.

Storie e segreti di un grande seduttore in 3 cioccolatini

Il cioccolato, ingrediente nobile dalle mille varietà e sapori decisi, è il protagonista indiscusso delle creazioni di Alessio Battisti, Pastry Chef di Palazzo Montemartini. Attraverso 3 cioccolatini unici, A. Battisti ci guida in un viaggio sensoriale alla scoperta di storia e segreti d’autore racchiusi in ogni morso.



Un’introduzione golosa

Immaginate di lasciarvi tentare da un’elegante scatola che nasconde tre piccole opere d’arte: è il regalo che abbiamo riservato a tutti gli amanti del cioccolato. Questi cioccolatini non sono solo un insieme di dolci prelibatezze, sono veri e propri racconti da gustare lentamente. Al latte o fondente, bianco o amaro, quanti votano sì per l’extra cioccolato?
In “Cioccolato, la passione divorante”, Sandra Boynton descrive il cioccolato come un diritto e non un privilegio: “Come tale deve essere fornito, e quindi essere disponibile, come un vero e proprio servizio in ogni stato, in ogni comunità, in ogni isolato”.

Lo sguardo attento alle sfumature

Ogni cioccolatino è frutto di una ricerca accurata, di un equilibrio tra ingredienti pregiati e passione. Le creazioni di A. Battisti si distinguono per l’attenzione ai dettagli e per l’abilità nel combinare sapientemente gusti e consistenze diverse, regalando un’esperienza sensoriale unica ad ogni assaggio. Dal cioccolato fondente di colore rosso, ripieno di una riduzione di aceto balsamico accostato ad una ganache alla fragola, fino al tanto amato da grandi e piccini, cioccolatino al latte di colore nero sfumato d’oro, con una morbida ganache allo yuzu (liquore di origine Giapponese) , zenzero ed arancia; passando per il cioccolatino bianco decorato con schizzi di colore rosso, ripieno al passion fruit. Tra gusto, passione e tradizione, concedersi una pausa di puro piacere gustativo diventa un gesto di vera e propria rivoluzione.



Il cioccolato è protagonista nell’epoca postmoderna

Dal 30 Luglio del 1502, con la scoperta del cioccolato da parte di Cristoforo Colombo, questo dolce alimento ha subito notevoli mutamenti. Da prima uno status symbol, con il suo debutto nelle corti europee, fino a perdere il suo valore sacro e rituale, diventando una bevanda alla moda.

“Il cioccolato deve essere preso bollente, seduti e spettegolando”. – Anonima dama spagnola del XVII secolo. La moda influisce da sempre sugli aspetti formali, definendo i luoghi e i modi di assaporare anche il “Cibo degli Dei”. È il cinema, già negli anni ’70, a rendere il gustoso cioccolato non solo un simbolo ma uno strumento di aggregazione sociale con i film: “Pane e Cioccolata” di Franco Brusati, film girato nel 1974 in cui le golose tavolette sono viste come simbolo di inadeguatezza sociale, “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl che attraverso il cioccolato cerca di trasmettere il valore della soddisfazione, “Lezioni di cioccolato” di Claudio Cupellini e ancora il celebre “Bianca” di Nanni Moretti che racconta un ruolo importantissimo del cioccolato: il riempimento dell’affettività mancante, fino al successo di “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson in cui i “courtesan au chocolat” rappresentano la salvezza, quella del personaggio di Zero Moustafa che grazie alle scatole di cioccolatini riesce a fuggire dalla prigione.

Il futuro del cioccolato

In un mondo in continua evoluzione, il cioccolato si conferma un elemento intramontabile della gastronomia e della cultura del gusto. Le creazioni del nostro Pastry Chef rappresentano un ponte tra tradizione e innovazione, aprendo nuove prospettive di sperimentazione e di piacere per il palato di chiunque si lasci conquistare da queste prelibatezze. I cioccolatini non sono solo dolci per il palato, ma veri e propri racconti che parlano di passione, creatività e amore per l’arte dolciaria. E chissà quali altre sorprese il futuro riserverà a tutti gli amanti del cioccolato, pronti ad essere conquistati dai sapori decisi e avvolgenti di questo grande seduttore culinario.

San Giovanni, vivere nel quartiere più antico di Roma

Ufficialmente chiamato Appio Latino, ma comunemente conosciuto come San Giovanni, il quartiere IX di Roma, è uno dei più storici della città. Al suo interno convivono le strutture moderne affiancate alle rovine di quell’Impero che è stato la culla della civiltà occidentale.

Storia e cultura

San Giovanni rappresenta molto più di una semplice area residenziale, è un vero e proprio scrigno di storia e tradizioni, un angolo di città in cui il passato si fonde armoniosamente con il presente.

Si trova nell’area sud-est e confina con il Rione Monti e i quartieri Tuscolano, Appio-Pignatelli, Ardeatino e Celio ed oggi sta vivendo un periodo di espansione urbana. Nasce nel 1926 e la sua storia è strettamente legata all’età romana, a Via Appia Antica e Via Latina, dalle quali prende il nome Appio Latino.

Nonostante la nascita del quartiere sembri risalire alla prima metà del Novecento, le prime notizie su questa zona sono di epoca rinascimentale e sono attestate dalla presenza dimolti punti di interesse storico e artistico, ad esempio Piazza San Giovanni in Laterano dove ci sono l’omonima Basilica e Palazzo Laterano.

Il cuore pulsante di questo quartiere è la Basilica di San Giovanni in Laterano, una delle quattro basiliche papali di Roma e la cattedrale della diocesi di Roma. La sua maestosa facciata e gli interni riccamente decorati lasciano senza fiato. Nelle vicinanze, si erge l’Obelisco Lateranense, un antico monolito egizio che testimonia la grandezza dell’Impero Romano. Passeggiando per le sue strade acciottolate, si genera un’atmosfera unica, in cui ogni pietra racconta una storia millenaria piena di vita e di energie creative.

Le Mure Aureliane e Porta San Giovanni

Le Mura Aureliane, erette tra il 271 e il 275 d.C. per volere dell’imperatore Aureliano, circondano il cuore antico di Roma, proteggendolo da eventuali invasioni. Queste imponenti mura difensive, lunghe quasi 19 chilometri, racchiudono al loro interno i tesori architettonici della Città Eterna, come il Colosseo, il Foro Romano e i Mercati di Traiano.

Una delle porte più suggestive è senza dubbio Porta San Giovanni, situata lungo la Via Appia Antica. Questa maestosa porta, risalente al IV secolo d.C., era un tempo l’ingresso principale per chi giungeva a Roma da sud-est. Le sue possenti torri e il suo arco trionfale rendono Porta San Giovanni un vero e proprio simbolo della grandezza dell’Antica Roma.

Da non perdere

Ma San Giovanni non è solo arte e monumenti. Parliamo di un quartiere ricco di verde in cui immergersi per fare passeggiate, running e magari percorrere l’Appia Antica che attraversa il Parco della Caffarella, ammirandone le rovine di cui è costeggiata e i basoli, le pietre basaltiche di grandi dimensioni normalmente impiegate nella realizzazione di tutte le vie consolari romane, ancora oggi presenti.

Qui convivono armoniosamente studenti universitari, famiglie storiche e nuovi residenti, creando un mosaico vivace e multiculturale. È anche un vivace crocevia di tradizioni culinarie. Qui si possono gustare alcune delle migliori pizze al taglio della città, accompagnate da un bicchiere di vino locale. E per chi ama i dolci, non c’è niente di meglio di una soffice maritozzo con la crema pasticcera.

La vita quotidiana nel quartiere è un caleidoscopio di colori e suoni. Le strade sono animate da mercatini rionali, botteghe artigiane e piccoli negozi di quartiere. L’atmosfera è accogliente e familiare, e non è raro imbattersi in gruppi di anziani che giocano a carte o chiacchierano sui marciapiedi.

Panino che passione: il comfort food del nostro Chef

Nel Garden Montemartini, nel cuore di Roma, Chef Alessandro Tognacci da vita ad un’esperienza culinaria ultra “capitolina”. Con la sua passione per la cucina tradizionale e la sua creatività, ha creato uno streetfood gustoso e tenace, simbolo della sua romanità.



Un’esplosione di sapori autentici

Questo panino non è solo un semplice comfort food, ma un’esplosione di sapori autentici che celebrano la tradizione romana. La pancia di vitella, cotta alla perfezione, si fonde con la croccantezza della rosetta, mentre la rucola fresca e la cipolla in agrodolce aggiungono una nota di freschezza e acidità.

“Il segreto sta nell’equilibrio perfetto degli ingredienti e nella cura artigianale di ogni fase della preparazione,” afferma lo Chef Tognacci.

Un’esperienza multisensoriale

L’esperienza non si limita solo al gusto, ma coinvolge tutti i sensi. L’atmosfera accogliente del Palazzo Montemartini, con il suo fascino storico e la sua eleganza discreta, offre un’ambientazione perfetta per gustare questo capolavoro culinario.

Un tributo alla tradizione romana

Questo panino non è solo un piatto, ma un tributo alla tradizione culinaria romana. Lo Chef Tognacci ha saputo reinterpretare i sapori autentici della cucina romana in chiave moderna, creando un’esperienza unica e indimenticabile.

Conclusione: Un’esperienza da non perdere

Se siete a Roma e volete vivere un’esperienza culinaria autentica e indimenticabile, non potete perdere la Rosetta con pancia di vitella alla fornara, rucola e cipolla in agrodolce dello Chef Alessandro Tognacci al Palazzo Montemartini. Un vero capolavoro che celebra la passione per il cibo e la tradizione romana.

Triglia croccante e vignarola di Chef Alessandro Tognacci

Triglia delicatamente fritta, accompagnata da vignarola fresca e colorata. Un connubio di sapori primaverili che esaltano la freschezza del mare e dei prodotti della terra. Un’ esperienza culinaria unica, concepita dallo chef Alessandro Tognacci, da gustare ammirando le antiche Terme di Diocleziano nel cuore di Roma.



Preparazione

Eviscerare e squamare le triglie. sfilettare il pesce, ottenendo due filetti, e togliere accuratamente tutte le spine. Panare le triglie prima nell’uovo sbattuto e poi nel panko, per una panatura ancora più croccante ripassare nell’uovo e poi nel panko.

Per la vignarola

Sbucciare le fave fresche e i piselli, sbianchirli per qualche minuto in acqua. Tagliare gli asparagi selvatici e saltare in padella con olio e sale, con i gambi degli asparagi fate un brodo ristretto. Tritate nel cutter il prezzemolo sbianchito, lo spicchio d’aglio senza anima, la mentuccia, le alici, con due cucchiai di olio extravergine ed un cubetto di ghiaccio, fino ad ottenere una crema. Pulire i carciofi e tagliare a spicchi, rosolare in padella leggermente. Aggiungere, ai carciofi, due mestoli di Brodo ristretto, tutte le verdure
preparate in precedenza, e la crema di prezzemolo. Lasciar cuocere per due minuti ed aggiustare di sale.
Friggere in abbondante olio le triglie, scolare ed asciugare. Impiattare mettendo sotto la vignarola ed appoggiare il pesce sopra, cospargere con fiocchi di sale.

L’Art Nouveau a Roma: il quartiere Prati

Situato sulla sponda occidentale del Tevere, Prati è un quartiere elegante in stile Art Nouveau che si sviluppa intorno a Via Cola di Rienzo e alle sue lussuose boutique. Di sera, le strade sono molto frequentate grazie ai wine bar all’aperto, gli eleganti cocktail bar e i ristoranti gourmet.

Il quartiere nel tempo

Prati è il ventiduesimo e più recente rione di Roma, indicato con R.XXII e fa parte del I Municipio insieme ai rioni Borgo, Della Vittoria e Trionfale.

In epoca romana il territorio dell’odierno rione Prati consisteva in vigneti e canneti facenti parte delle proprietà di Domizia, moglie di Domiziano.

Fino almeno al 1883, al posto della maggior parte del quartiere, si estendeva una vastissima distesa di campi coltivati, prati naturali, pascoli e paludi, mentre il resto del territorio si presentava come una zona completamente deserta. Dopo il 1883 si ebbero i primi interventi di edilizia e di urbanizzazione, in parte già immaginati anche sotto il governo pontificio. Così al termine dell’Ottocento la struttura viaria di Prati era consolidata e buona parte delle case erano state edificate.

Il 20 agosto 1921 fu costituito ufficialmente il rione Prati, l’ultimo in ordine di tempo dei rioni di Roma, nato come quartiere che accogliesse le strutture amministrative del Regno d’Italia e zona residenziale per i funzionari dello stato. Via Cola di Rienzo ne divenne la via principale perché attraversava tutto il quartiere, unendo Piazza della Libertà a Piazza Risorgimento. Il maggiore successo delle realizzazioni urbanistiche fu rappresentato dall’inaugurazione dei ponti Margherita, Umberto e Cavour. La zona residenziale nuova era finalmente accessibile da diversi punti del centro.

La costruzione di Prati si concluse per lo più nella prima metà del XX secolo, sebbene alcuni edifici più moderni siano stati costruiti successivamente, a scapito di villette preesistenti.

Mondanità e tranquillità: due facce della stessa medaglia

Prati è noto per i grandi e regolari viali, gli eleganti edifici “umbertini”, i villini in stile liberty e la generale bellezza architettonica che gli regala un fascino parigino e moderno.

È senza dubbio una delle zone più prestigiose di Roma, centrale e molto chic. Le sue vie sono animate da servizi commerciali e ospitano strutture importanti per la città, che ogni giorno attraggono turisti ma soprattutto “locals”. Si dice che sia il posto più indicato se si vogliono conoscere i veri abitanti capitolini.

Nonostante il grande viavai che incontriamo lungo le strade principali, c’è anche spazio per il relax e la pace, grazie ai suoi bellissimi parchi e alle sue ampie aree verdi che offrono una pausa rigenerante dal caos della città. Se poi ci addentriamo nella parte più residenziale del quartiere, veniamo accolti da una piacevole tranquilla e questo, senza dubbio, è uno dei punti di forza del quartiere.

Da non perdere

Essendo a ridosso del centro storico della capitale ci sono diverse linee di autobus che connettono il quartiere con le zone più importanti della città, oltre alla fermata Lepanto della metropolitana A che attraversa il centro permettendo di raggiungere Piazza di Spagna in due fermate e Termini in quattro.

Oltre ad ospitare la significativa zona del Vaticano, Prati è ricco di importanti palazzi e luoghi come il Teatro Adriano, il Palazzo di Giustizia, l’Arma dei Carabinieri con l’annesso Museo storico dell’Arma, Piazza Cavour con il suo monumento e il suo giardino curatissimo, Piazza della Libertà e Piazza Risorgimento. Nel rione ci sono anche il Museo delle Anime del Purgatorio e Profondo Rosso, un museo creato da Dario Argento sul tema dell’orrore.

Da non perdere sicuramente la via dello shopping come Cola di Rienzo, tra le più rinomate della città, i locali dove gustare la nouvelle cuisine, le gelaterie iconiche del quartiere (Fatamorgana, Gracchi e Al Settimo Gelo) e i moltissimi locali alla moda che abitano Prati.

Il Ghetto di Roma

Situato all’interno del Rione XI – Sant’Angelo, l’antico Ghetto ebraico di Roma è uno dei tesori nascosti della Capitale, un piccolo quartiere ricco di testimonianze archeologiche e culturali, oltre che religiose, ma anche di ricercatezze e specialità culinarie che hanno ispirato in maniera significativa la cucina tradizionale romanesca.

Un racconto di resistenza

Il ghetto di Roma è considerato il più antico del mondo occidentale, secondo solo a quello di Venezia e nasce nel 1555 su ordine di Papa Paolo IV.

Presentava solo due uscite e chiunque vi abitasse non aveva possibilità di svolgere attività commerciali e di possedere beni immobili. Inoltre era d’obbligo per gli Ebrei residenti indossare un segno distintivo di appartenenza alla comunità ebraica. Gli abitanti del Ghetto fecero di necessità virtù diventando, grazie anche a questi divieti, scaltri commercianti di abbigliamento e abili uomini d’affari nel campo dei prestiti.

Nel corso della sua storia, il Ghetto fu più volte dismesso, ma si trattò spesso di brevi periodi, ai quali seguirono nuove reclusioni, fino ad arrivare al 1870, con la breccia di Porta Pia e la fine del dominio papale, anno in cui fu definitivamente chiuso.

Nel 1904, venne inaugurato il Tempio Maggiore, la grande Sinagoga, punto di riferimento culturale per l’intera comunità ebraica e, ancora oggi, insieme al Museo Ebraico ospitato al suo interno, una delle principali attrazioni della zona.

La cultura delle “Pietre d’inciampo”

Nel 1943, più precisamente il 16 ottobre, proprio dal Ghetto partì una delle più grandi deportazioni consumate negli anni della persecuzione nazifascista: più di 1000 Ebrei vennero prelevati a forza dalle loro abitazioni e due giorni dopo caricati su un treno diretto ad Auschwitz. Di loro solo 16 sopravvissero allo sterminio.

Come simbolo di una memoria condivisa sono state installate anche a Roma, così come in moltissime altre città colpite dalla persecuzione queste targhe d’ottone che riportano i dati anagrafici, la data di arresto e la data con il luogo della morte delle singole vittime. Ogni anno vengono aggiunte nuove pietre d’inciampo, le ultime nel 2022, per un totale di 400.

Luoghi storici

All’interno del Ghetto troviamo il Teatro Marcello, il Portico d’Ottavia, la Fontana delle Tartarughe opera del Bernini, il Ponte dei Quattro Capi, il Tempio delle Ninfe, la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria e moltissimi altri luoghi storici importanti per la città di Roma.

Cucina Kosher: tradizione e internazionalità

Uno dei principali motivi per visitare il quartiere, oltre che il suo imprescindibile significato storico, è sicuramente la cucina giudaico-romanesca, ricca di piatti saporiti e gustosi come i carciofi alla giudia, la crostata alle visciole fresche e ricotta, i filetti di baccalà e il tortino di aliciotti e indivia. Ma non si può di certo non citare la filosofia “Kosher” come motivo di attrazione turistica. Si tratta niente meno che di un insieme di regole, di natura e origine religiosa, sulle quali si basa la nutrizione degli Ebrei osservanti.

Il significato del termine è infatti “conforme alla legge”. Ma cosa ordinare in un ristorante del ghetto? Sicuramente brodo di pesce, una delle prelibatezze in assoluto e il pesce ripieno.

Nei tanti locali del quartiere potrete anche gustare ricette fusion che mescolano la cucina ebraica tradizionale con quella internazionale.

Monti: il primo Rione della Città Eterna

Orgogliosamente nominato il primo Rione di Roma, Monti si estende intorno ai colli del Viminale e dell’Esquilino, tra i Fori Imperiali e stazione Termini e comprende alcuni tra i più belli spot della città. Considerato un quartiere giovane e “hipster”, convive in armonia con la storia e quel feeling molto conviviale e alla moda, meno turistico rispetto ad altri, pur essendo ben inserito nella vita cittadina.

Storia e Cultura

Il nome originario era “Suburra” (che significa “sotto la città”) e stava ad indicare che al di sopra del Rione si trovava il fulcro di Roma, rappresentato dai Fori. Infatti, a Via della Ferratella sono presenti i resti delle mura aureliane costruite per separare la città imperiale dal Rione Monti.

Durante il Medioevo, molti degli abitanti del rione Monti si spostarono verso Campo Marzio, un’area pianeggiante più facile da vivere. Chi restò a Monti prese il nome di monticiani e assunse anche un dialetto che si differenziava da quello parlato in altre zone di Roma.

Monti rimase un rione malfamato e privo di ogni servizio urbano finché Roma divenne la capitale di un’Italia unita nel 1871. Da qui la ricostituzione del quartiere che iniziò proprio da due delle vie che ancora oggi sono simboli del quartiere: Via Nazionale e Via Cavour.

Luoghi da non perdere

Ricco di storia, Rione Monti comprende al suo interno alcuni tra i punti di interesse più significativi per la città, dalle Basiliche più antiche ai Palazzi ricchi di meraviglie da visitare.

  • Basilica di Santa Maria Maggiore
  • Chiesa sopraelevata di San Lorenzo
  • Chiesa della Madonna dei Monti
  • Chiese di San Clemente, Santa Prassede e San Pietro in Vincoli
  • Palazzo Valentini in Via IV Novembre
  • Le Scuderie del Quirinale
  • Palazzo delle Esposizioni
  • Casa dei Cavalieri di Rodi
  • Palazzo Brancaccio
  • Palazzo del Viminale

Lo shopping nel Rione

Un quartiere di piccole gallerie d’arte e vinerie, buoni ristoranti, bar e qualche artigiano, una delle zone della città preferite dai giovani romani e non solo.

Quelli che una volta erano i negozi dell’usato, oggi si chiamano vintage clothing shop: luoghi di tendenza, presi d’assalto dai fashion victim della capitale. Così nei vicoli del Rione è possibile trovare tantissimi negozi dedicati all’arte dell’abbigliamento vintage.

Un abbraccio perfetto tra storia e mondanità

Rione Monti racconta, così come molte altre zone della città, l’abbraccio perfetto che caratterizza Roma: quello tra storia e mondanità. La Città Eterna è ricca di cultura ed ogni pietra racconta il suo glorioso passato, ma la sua vera bellezza sta nell’armonia che questa storicità crea assieme alla modernità che ritroviamo camminando per le strade.

La “movida” è certamente uno dei fattori che al meglio può spiegare questa armonia e Rione Monti è senza dubbio uno dei quartieri che meglio accoglie quel pubblico amante della vita mondana. Potrebbe sembrare un piccolo villaggio, una piccola oasi all’interno di Roma, dove si fondono storia, tradizione popolare e grande modernità

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